C’è sempre un gran magone ad accompagnarmi quando arrivano alle mie orecchie certe notizie.
Oggi 9 maggio 2011 durante la terza tappa del Giro d’Italia è morto Wouter Weylandt.
Sembrava una gara tranquilla, non particolarmente impegnativa dal punto di visto tecnico, eppure qualcosa ha spezzato quell’apparante serenità che dovrebbe sempre accompagnare una corsa del genere. Mancano pochi chilometri alla fine della tappa, durante l’ultima discesa probabilmente la perdita del controllo della bici e Wouter finisce contro un muro. Si capisce subito la gravità dell’incidente, i sanitari intervengono tempestivamente, la zona non è coperta telefonicamente e l’ambulanza viene richiesta attraverso la tv. Continuano i tentavi di rianimazione, si cerca di far giungere in zona un elicottero ma i luoghi dove è avvenuto l’incidente non permettono un atterraggio facile del mezzo.
Muore.
Cavoli! Stava andando in bici! Ma come? Beh... i ciclisti in discesa sfrecciano a velocità ormai paurose che possono raggiungere i 90 km/h se non di più! Eppure si ostinano a farli gareggiare con caschetti non integrali e tutine carine e stilose sì, ma che, in caso di caduta, sono inutili! Che fare? Non è la prima volta, una cosa analoga era successa a Fabio Casartelli parecchi anni fa. Non voglio far polemica, voglio solo ricordare un ragazzo. Un anno fa, proprio Weylandt vinceva la tappa terza tappa del giro. Oggi, un anno dopo quella vittoria, ha perso la vita. Ciò che si era guadagnato, con tanto sudore, la morte gli ha tolto con gli interessi.
E’ morto con la sua bici, il ciclismo può solo onorarlo ora.
Amo lo sport, amo in particolare questo... la tua morte Wouter mi lascia triste, molto triste. Resta il fatto che te ne sei andato facendo ciò che più ti piaceva ma, permettimi, non doveva finire così, doveva andare diversamente, saresti dovuto partire domani con gli altri. Chiudo qui. Non so più che dire. Ciao Wouter.
Oggi 9 maggio 2011 durante la terza tappa del Giro d’Italia è morto Wouter Weylandt.
Sembrava una gara tranquilla, non particolarmente impegnativa dal punto di visto tecnico, eppure qualcosa ha spezzato quell’apparante serenità che dovrebbe sempre accompagnare una corsa del genere. Mancano pochi chilometri alla fine della tappa, durante l’ultima discesa probabilmente la perdita del controllo della bici e Wouter finisce contro un muro. Si capisce subito la gravità dell’incidente, i sanitari intervengono tempestivamente, la zona non è coperta telefonicamente e l’ambulanza viene richiesta attraverso la tv. Continuano i tentavi di rianimazione, si cerca di far giungere in zona un elicottero ma i luoghi dove è avvenuto l’incidente non permettono un atterraggio facile del mezzo.
Muore.
Cavoli! Stava andando in bici! Ma come? Beh... i ciclisti in discesa sfrecciano a velocità ormai paurose che possono raggiungere i 90 km/h se non di più! Eppure si ostinano a farli gareggiare con caschetti non integrali e tutine carine e stilose sì, ma che, in caso di caduta, sono inutili! Che fare? Non è la prima volta, una cosa analoga era successa a Fabio Casartelli parecchi anni fa. Non voglio far polemica, voglio solo ricordare un ragazzo. Un anno fa, proprio Weylandt vinceva la tappa terza tappa del giro. Oggi, un anno dopo quella vittoria, ha perso la vita. Ciò che si era guadagnato, con tanto sudore, la morte gli ha tolto con gli interessi.
E’ morto con la sua bici, il ciclismo può solo onorarlo ora.
Amo lo sport, amo in particolare questo... la tua morte Wouter mi lascia triste, molto triste. Resta il fatto che te ne sei andato facendo ciò che più ti piaceva ma, permettimi, non doveva finire così, doveva andare diversamente, saresti dovuto partire domani con gli altri. Chiudo qui. Non so più che dire. Ciao Wouter.
Daniele Grillo